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Tecnorifiuti: nuova emergenza
febbraio 2008 ↓ scarica pdf archivio >>

Emergenza spazzatura anche sul fronte tecnorifiuti. Che in gergo si chiamano e-Waste. O più semplicemente “immondizia elettronica”. Un problema dalle dimensioni planetarie. Basta pensare che nel 2007, secondo i dati UE, i paesi europei hanno prodotto oltre 5 milioni tonnellate di spazzatura hitech. Grandi e piccoli elettrodomestici, ma anche residui provenienti dalla dismissione di milioni di Pc, stampanti e telefonini. La lista è lunga e comprende la miriade di gadget elettronici di cui sono piene le nostre case. Smaltire in regola secondo quanto prevedono le leggi ha un prezzo elevato. In modo abusivo, molto meno. Negli USA smantellare un Pc costa 30 dollari, ma il mercato clandestino con meno di 2 lo lascerà in una discarica a cielo aperto in Lagos o Nigeria.

In Europa mandare al macero un container con 10 tonnellate di rifiuti elettronici può costare fino a 30 mila euro. Lo stesso spedito in Cina, in una discarica a Guiyu, nel distretto del Quandong costa dieci volte meno. Parliamo di un inferno sulla terra, dove in bolge dantesche 150 mila “umani” trattano i resti tossici dei computer. Dissaldano componenti da schede elettroniche imbottite di stagno, piombo, mercurio e cadmio. Prodotti nocivi e altamente inquinanti. Un lavoro “sporco” per 100 dollari al mese. Qui parole come valore della salute e rispetto dell’ambiente, sono cancellate dal dizionario.
Ma qual è la situazione nel nostro paese? Ogni italiano, sempre secondo i dati dell’Unione Europea, produce 14 chili di e-Waste all’anno. Per un totale di 850 mila tonnellate. La nuova normativa sui Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), entrata a pieno regime dal 1 gennaio 2008, si basa sul sistema multi consortile. Stabilisce che responsabili della gestione non sono più i Comuni, ma i produttori. Che devono provvedere alla raccolta in appositi eco-luoghi. L’obiettivo è garantire entro fine anno, una raccolta media pro-capite di almeno 4 chili. Attualmente secondo quanto rilevato dall’Apat (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente), siamo attestati a non oltre 1,8 chili a testa.

In quest’ottica si inseriscono iniziative locali, volte alla valorizzazione dell’e-Waste. E’ il caso del progetto “recupero Raee in carcere”, messo in atto a fine 2007 dall'Amministrazione Penitenziaria Emilia Romagna e dal gruppo Hera. La multiutility emiliana presieduta da Tomaso Tommasi di Vignano, che opera nel settore energia e ambiente. Per ora l’iniziativa investe gli Istituti penitenziari di Bologna e Ferrara, ma è destinato ad ampliarsi. In concreto, i detenuti interessati, vengono occupati all’interno di speciali laboratori allestiti nelle carceri, allo smontaggio delle apparecchiature provenienti dai siti di stoccaggio. Spiega Giovanni Montresori, vice presidente di Labelab, un’azienda di Ravenna che opera nelle public utilities e attraverso il sito “rifiutilab.it” ha seguito l’iniziativa: «oltre alla valenza sociale del progetto, si aggiunge quella ambientale. Si stima che a regime potranno essere lavorati negli istituti penitenziari oltre 1000 tonnellate di rifiuti all’anno». Con il recupero dell’80% della componentistica elettronica.

In questo contesto i rifiuti elettronici si trasformano in trashware. Termine anglosassone che definisce il loro riutilizzo. Ad esempio, l’associazione Golem di Empoli rimette in funzione vecchi Pc. Per poi donarli a scuole e organizzazioni umanitarie. Dagli ospedali in Congo alle missioni in Burkina Fasu. Ma anche ad asili e scuole materne presenti sul territorio. «Uno solo il denominatore comune - spiega Alberto Gistri, tra i promotori di Golem - ritiriamo i computer dimessi da aziende e privati. Poi li revisioniamo, e installiamo il sistema Linux e i programmi di software libero, perchè occupano meno risorse informatiche di Windows».
Chi invece ha fatto del trasware una mission aziendale, è Fujitsu Siemens. Produttore di Pc e allo stesso tempo impegnato da anni nello riciclo hitech. A Paderborn, in Germania centrale, in una struttura di 11 mila metri quadri, ne smaltisce 8 mila tonnellate all’anno. Spiega Piefilippo Roggero, amministratore delegato della sede italiana: «i computer sono disassemblati fino a ottenere 50 tipologie di materiali base. Da essere rivenduti nel mercato dell’usato o riciclati». Interessante osservare che l’azienda tedesca tiene già conto del riutilizzo futuro in fase di progettazione dei nuovi prodotti elettronici.

In tema riciclo non mancano iniziative originali. Come chi mette in atto soluzioni di retrocomputing. Consistono nel convertire le carcasse plastiche di Pc e Mac in acquari, contenitori di riviste e scaffali portaoggetti. Da mettere in vendita su eBay. Qualche mente fantasiosa realizza anche anelli e spille con i vecchi tasti di materiale plastico. Operazioni di vintage fatte con gli scarti di tastiere d’epoca. Anche questo, in piccolo, è riciclo “intelligente”.






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