SETTE: prendere il volo
maggio 2011
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Rushika Maradia ha 22 anni. Vive con la famiglia ad Anand Nagar, uno dei popolosi sobborghi a nord di Mumbai (ex Bombai). Il nome significa “figlia della terra” e fino a sei mesi fa la sua storia era quella di una delle milioni di ragazze metropolitane del subcontinente indiano. Che, secondo l’ultimo censimento di inizio 2011, ha superato
1,2 miliardi di persone. Rushika è laureata in sociologia, con una discreta conoscenza dell’inglese studiato dopo il marathi, la lingua ufficiale del Maharashtra, e l’hindi. Dunque ha le carte in regola per un sicuro lavoro statale. Ma potrebbe anche finire in un’azienda privata, meglio se straniera. Comunque sia, la aspetta uno stipendio iniziale 10-12 mila rupie al mese. Equivalenti a
150-200 euro.
Una cifra di tutto rispetto per il primo impiego di una ragazza indiana. Considerato che, secondo la tradizione, solo in minima parte finirà nelle sue tasche. Il resto verrà custodito dalla famiglia per il passo più importante della ragazza: «il matrimonio». Ma arriva un colpo di fortuna. Grazie al passaparola delle amiche scopre che
Jet Airways, la prima compagnia aerea indiana, sta reclutando hostess. Racconta a SETTE: «avevo i requisiti richiesti così ho compilato su Internet la domanda per la selezione. Al colloquio preliminare ho scoperto che eravamo oltre
3 mila. Lì ho capito che sarebbe stata dura». E difficile lo è stato davvero. Un’intera settimana di prove scritte, interviste e colloqui con i selezionatori. Fino al
tea party finale tra candidati rimasi e i senior manager.
«Anche quella una prova, per scoprire come ci comportavamo e sapevamo relazionarsi in gruppo, ma lo ho capito tardi – continua a raccontare – così quando ho visto il mio nome nella lista dei 52 rimasti sono scoppiata in lacrime dalla gioia». Rushika inizia la formazione di tredici settimane. Tempo pieno, mattino pomeriggio e quando necessario anche alla sera. Il centro si trova nella polverosa Kurla Road, vicino all’aeroporto. Qui professori e dipendenti della compagnia insegnano a futuri steward e hostess tutte le regole della sicurezza in volo. Spiega
Viswa Nair, da 15 anni responsabile del centro: «Imparano come servire i pasti, reagire alle situazioni di emergenza, tranquillizzare i passeggeri nervosi e fornire assistenza di pronto soccorso. Quando necessario, specie ai ragazzi dei villaggi, dobbiamo insegnare l’uso di coltello e forchetta. A casa li usano poco».
Rashika ha passato in questi giorni l’ultima prova. Così finalmente realizza il sogno di indossare la divisa gialla e nera delle hostess Jet Airways. Entro un mese farà i primi voli interni, seguiranno gli internazionali. La aspetta un contratto triennale, con stipendio di 35 mila rupie. Sono
quasi 600 euro, cifra “millionaire” per una ragazza della sua origine. La guadagna un ingegnere informatico di Bangalore, la Silicon Valley indiana. I soldi contano, ma non è tutto. Perché Rashika sa bene che diventerà l’orgoglio della famiglia, il modello di successo da imitare per le altre ragazze del quartiere. Il simbolo di chi ha realizzato “l’indian dream”. In futuro, lei che appartiene alla generazione sotto i 25 anni (sono il 54% di tutta la popolazione), potrebbe far parte della “middle class” che sta nascendo nelle grandi città. Grazie a un Pil dell’8,4% segno di una forte economia.
Ma nelle campagne indiane la vita è ancora dura. Nonostante siano ufficialmente soppresse caste e proprietà di grandi latifondisti, rimane difficile per le famiglie possedere redditi sufficienti per elevare la propria posizione sociale. Qui si vive ancora con 6-7 mila rupie circa
100 euro al mese, unico vantaggio rispetto agli slum di Mumbai la possibilità di tenere parte del raccolto. Ed è già qualcosa. Ma non basta ai giovani che studiano e aspirano al lavoro nelle metropoli. Ecco perché l’avventura Jet Airways la sta vivendo Vikram Singh, 23 anni. Arriva da Nadbai uno sperduto villaggio di 800 persone nel distretto di Bhavatpur in Rajastan. Praticamente un puntino identificato con fatica al massimo zoom di Google Maps. Lui è alla seconda settimana di corso: «ma devo farcela a tutti i costi, altrimenti per chi si trova nella mia situazione famigliare ci aspetta la prospettiva dell’esercito, come ha fatto mio padre».
Anche
Naresh sta realizzando il suo sogno, iniziato nel 1992. Lui però di cognome fa
Goyal e di anni ne ha 60 anni. Fondatore e presidente Jet Airways adesso si trova nella classifica dei
20 uomini più ricchi dell’India. E’ nato a Sangrur un piccola città del Punjab il padre era commerciante, ma per la crisi economica la casa fu messa all’asta e Naresh a 11 anni andò a vivere dalla zia. Tempi duri che non dimentica. Quando faceva chilometri a piedi per andare a scuola, perché non poteva permettersi una bicicletta usata. Ma fu determinato e finì gli studi laureandosi in Economia. Questo gli permise di diventare agente della compagnia aerea libanese. Perché gli aerei sono da sempre la sua passione. Così appena possibile con i primi risparmi si mette in proprio e prende in affitto un velivolo. Vuole che gli indiani, anche delle classi più basse lo usino al posto del treno per gli spostamenti interni.
Negli anni ’90 con la liberalizzazione voluta da Rajiv Gandhi, il figlio di Indira assassinato nel 1991, compra i primi quattro aerei e
fonda Jet Airways. Adesso ne volano 115 e nei prossimi due anni ne acquisterà altri 20, dando lavoro a 2 mila nuovi dipendenti. Anche questo è il sogno indiano.
JET AIRWAYS IN PILLOLE
Jet Airways viene fondata nel 1992 da Naresh Goyal (60 anni), attuale presidente e proprietario con l’
80% delle azioni. Conta 13.000 dipendenti ed è la prima compagnia aerea (con la low-cost Jet Lite) sul territorio indiano con il 26,1% del mercato. Possiede in totale 115 aerei e opera su 65 destinazioni nazionali e internazionali con 500 voli giornaliere (un decollo ogni tre minuti). Nel 2010 ha fatturato 3,4 miliardi di dollari e hanno volato con Jet Airways 1,8 milioni di passeggeri. A dicembre 2010 ha inaugurato, in accordo con Alitalia, il volo giornaliero Milano-Delhi. E nei programmi futuri è previsto anche il
Roma-Mumbai.