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SPECIALE OROLOGI - 29 novembre 2012

Astrolabio, misura tempo, oppure un primo esempio di calcolatore analogico? Questo non lo potevano sapere i pescatori di spugne che in una giornata di tempesta del 1901 ormeggiarono, per ripararsi, sulle coste di Antikythera. Una piccola isola a nord di Creta. La mattina seguente col mare calmo si tuffarono per riprendere il lavoro. Ma li attendeva una grande sorpresa. Le acque avevamo smosso la sabbia a una quarantina di metri di profondità, facendo emergere la sagoma di una nave affondata tra il I e II secolo a.C. Nelle stive del relitto furono ripescate anfore, statue di marmo e bronzi di fattura pregevole. Venne anche recuperato uno strano blocco rettangolare di bronzo di circa 30 per 15 centimetri.

All’interno, seppure incrostato, si intravedeva uno strano meccanismo a forma di croce. Mentre attorno furono raccolti decine di frammenti pietrificati di ruote più piccole. In tutto 82 pezzi. Il materiale finì assieme agli altri reperti al Museo di Atene. L’anno successivo un archeologo greco, esaminandoli con maggiore attenzione, notò che ingranaggi e ruote dentate facevano parte di un complesso meccanismo a orologeria. Poi il reperto, rimasto in fondo al mare per duemila anni, venne dimenticato negli scantinati per un altro mezzo secolo. Solo nel 1951 Derek de Solla Price, professore di storia della scienza dell’Università di Yale nel Connecticut, riprese a studiare il meccanismo. Grazie alle 2000 iscrizioni poste sul fronte retro del reperto, capì che si trattava di un calcolatore astronomico.

Ci vollero una ventina d’anni per capirne il funzionamento e realizzare un primo modello seguendo i canoni dell’orologeria. E qui termina la prima parte della storia.
Al passaggio del millennio si apre un capitolo nuovo per il meccanismo di Antikythera. Entra in scena la maison svizzera Hublot, o meglio il suo numero uno Jean Claude Biver, che ci spiega: «siamo rimasti stupiti dal reperto millenario e dai suoi strani meccanismi. Così abbiamo pensato ci fosse qualcosa da imparare da Archimede, a cui può essere attribuita l'invenzione di questa incredibile macchina da calcolo». Nel 2008 i mastri orologiai della manifattura Hublot, guidati da Mathias Buttet direttore R&d assieme agli esperti del Museo Archeologico di Atene decidono di iniziare un ambizioso progetto. Realizzare un meccanismo da polso seguendo le orme del famoso reperto. Gli orologiai hanno aiutato gli archeologi a capire meglio alcuni ruotismi, mentre gli scienziati hanno rivelato soluzioni tecniche dimenticate, come gli ingranaggi a cicli non lineari.

«Per una volta abbiamo lavorato non su un progetto rivolto al futuro – dice ancora Biver - ma che invece ci ha fatto tornare dal futuro». La sfida è stata quella di integrare il cuore di un orologio reinterpretando e rispettando la doppia visualizzazione fronte retro del reperto originale. In pratica si è trattato di realizzare in pochi centimetri cubi quello che i meccanici dell'antichità avevano sviluppato in dimensioni superiori, senza perdere la leggibilità delle indicazioni. Tante le difficoltà superate. Perché il meccanismo di Antikythera non era un orologio segna-ore. Un concetto sconosciuto, almeno per come lo intendiamo adesso.

Si trattava invece di un cosmografo e selenografo. In grado di descrivere con grande precisione i complessi movimenti di pianeti e Luna. Indicava infatti diversi cicli astronomici. Da quello metonico (dall'astronomo greco Metone) che rappresenta un periodo di 19 anni (235 lunazioni), al callippico con un ciclo di 76 anni (940 lunazioni).

Il team Hublot è riuscito nell’impresa e dopo quattro anni di lavoro e un investimento di 3 milioni di euro, ha prodotto quattro movimenti. Unici nel loro genere. Il primo si trova al Musée des Arts et Métiers di Parigi, il secondo è esposto al Museo archeologico di Atene. Il terzo verrà venduto all'asta per raccogliere fondi per la salvaguardia del reperto originale. Infine, il quarto è conservato nella sede Hublot della manifattura Svizzera, accanto agli orologiai che l'hanno realizzato. Sono ancora tanti i misteri che accompagnano questa strana “macchina del tempo, fuori dal tempo”. Un meccanismo che appare troppo evoluto per le conoscenze tecniche di duemila anni fa. Non abbiamo la certezza assoluta di chi l’abbia costruito e del perché. Qualcuno ipotizza, vista la complessa natura delle ruote dentate e dei sofisticati calcoli necessari per costruirla, che ci possa essere l’intervento di entità extraterrestri.

Ma la lezione più importante del progetto è che i nostri antenati sapevano molto di più di quanto crediamo. «Il meccanismo di Antikythera dimostra che il loro genio non aveva limiti – conclude Bivet - peccato che nei secoli la loro conoscenza sia stata nascosta alla civiltà». Una cosa è certa: se fosse venuto alla luce prima, sarebbero profondamente cambiate le tecniche costruttive degli orologi.

twitter @utorelli








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